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Legger…issimo

Allenamento delle abilità di letto-scrittura in piccoli gruppi

 

A CHI E’ RIVOLTO: a tutti gli studenti della scuola primaria che hanno un DSA (Disturbo Specifico dell’Apprendimento) o che vogliono allenare le abilità di letto-scrittura.

COME: le attività di potenziamento si svolgeranno in piccoli gruppi omogenei per fasce di età e aree da rafforzare. Ogni incontro ha una durata di un’ora e mezza.

OBBIETTIVI:

  • Migliorare le abilità di lettura
  • Rafforzare le abilità ortografiche (doppie, accenti, omissioni, sostituzioni, ecc.)

QUANDO: a partire dal mese di Giugno 2017

DOVE: presso il Centro Eureka!, sito ad Osimo, in via Montefanese 24

REFERENTI: Dott.ssa M. Paciotti psicologa
Dott.ssa  L. Pavone psicologa | psicoterapeuta

Per info e costi:
Tel. 3288222474
info@centroeureka.it

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NORMATIVA

Il tema della dislessia e degli altri Disturbi Specifici di Apprendimento (DSA) è stato oggetto, a partire dal 2004, di alcune note ministeriali contenenti varie indicazioni operative:

Nota ministeriale n. 4099 del 05 ottobre 2004
iniziative relative alla dislessia

Nota ministeriale n. 26 del 05 gennaio 2005
iniziative relative alla dislessia

Nota ministeriale n. 1787 del 01 marzo 2005
Esami di Stato 2004-2005 – Alunni affetti da dislessia

Nota ministeriale n. 4674 del 10 maggio 2007
Disturbi di apprendimento – Indicazioni operative

C.M. n click now. 28 del 15 marzo 2007
Esame di Stato conclusivo del primo ciclo di istruzione nelle scuole statali e paritarie per l’anno scolastico 2006-2007. Per quanto riguarda gli alunni con DSA si veda in particolare il punto 4.

Ordinanza Ministeriale n.26 del 15 marzo 2007
Istruzioni e modalità organizzative ed operative per lo svolgimento degli esami di Stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria superiore nelle scuole statali e non statali. Anno scolastico 2006/2007.
Per quanto riguarda gli alunni con DSA si veda in particolare l’art. 12, 7° comma, quarto punto.

Legge n. 170 del 08 ottobre 2010

Linee guida sui DSA allegate al D.M. del 12 luglio 2011

Consensus Conference
Linee guida per la diagnosi e il trattamento dei DSA

DEPRESSIONE

La depressione è un’alterazione del tono dell’umore caratterizzata da un senso di tristezza continuo e pervasivo. La tristezza della depressione non è episodica ma stabile, accompagnando chi ne soffre per settimane, mesi e talvolta anche anni. Nella maggior parte dei casi la depressione nasce a seguito di un evento negativo quale un lutto, un licenziamento, la fine di una relazione. In questi casi si parla di depressione reattiva. Quando non si è in grado di individuare alcuna causa all’origine della sofferenza, si parla di depressione endogena.
Il disturbo depressivo è la prima causa di disfunzionalità nei soggetti tra i 14 e i 44 anni di età, inoltre è in continua crescita. Si tratta di una vera e propria epidemia moderna.
I suoi effetti possono essere molto gravi, compromettendo il funzionamento psicosociale, e talvolta anche letali conducendo al suicidio. Inoltre il disturbo depressivo è caratterizzato da ricorrenza, per cui chi ne ha sofferto una volta può rimanere vulnerabile e nel corso della vita si potrebbero presentare altri episodi.
A tutti capita di sentirsi tristi, di vivere momenti di difficoltà o di aver subito gravi perdite personali che fanno sentire scoraggiati, demotivati e stanchi. Quando però tali periodi si prolungano e cominciano a pesare occorre fermarsi a capire se si sta vivendo un momento di depressione. Si riporta di seguito un elenco dei sintomi più frequenti:
• Sensazione di tristezza continua o di vuoto
• Stanchezza, mancanza di energia, apatia
• Perdita di interesse o di piacere per le attività quotidiane
• Difficoltà a mantenere le relazioni sociali e affettive
• Insonnia o ipersonnia: problemi ad addormentarsi, risveglio di mattina molto presto ed eccessiva voglia di dormire
• Aumento o diminuzione dell’appetito
• Pianto frequente o eccessivo
• Difficoltà di concentrazione e/o di memoria
• Difficoltà nel prendere decisioni
• Sensazione di essere inutile, negativo
• Disperazione
• Irritabilita’
• Pensieri di morte o fantasie suicide
Nella mente di una persona che sta soffrendo di depressione si innesca, a volte, un circolo vizioso. Il cervello umano lavora, difatti, con l’obiettivo di trovare una soluzione alla tristezza vissuta e per questo pensa e ripensa agli errori del passato, ed a come questi hanno condotto alla situazione attuale. Tale ricerca non fa che riportare alla mente ricordi spiacevoli che amplificano l’umore depresso, inoltre innescano un profondo senso di colpa per l’errore commesso costituendo un ulteriore aggravio.
Inoltre, il modo di riflettere durante la depressione è peculiare in quanto si basa su atteggiamenti disfunzionali e controproducenti: se stessi, i propri difetti e il proprio modo di comportarsi sono oggetto di una feroce autocritica che porta a considerarsi come sbagliati o “falliti”. Anche le relazioni con gli altri sono valutate con gli occhiali neri della depressione e sembrano non soddisfacenti e ragionando in questi termini le previsioni riguardanti il futuro finiscono per diventare negative. A questo si aggiunge una forte stanchezza fisica che limita la vita quotidiana e la possibilità di cambiare. Ci si ritrova infine intrappolati tra un passato che non si può modificare ed un futuro senza speranze.
La Psicoterapia rappresenta un modo scientificamente validato per intervenire nelle situazioni di depressione, in quanto permette di modificare il modo in cui la mente involontariamente costruisce e mantiene la propria stessa sofferenza. A volte è necessario associare la psicoterapia ai farmaci antidepressivi o ai regolatori dell’umore, soprattutto nelle forme moderate-gravi.
L’obiettivo della psicoterapia è di uscire dal circolo vizioso che mantiene il dolore e modificare il modo di vedere se stessi, gli altri ed il proprio futuro riconquistando fiducia, speranza e voglia di vivere.

ANSIA

L’ansia, sembra quasi scontato dirlo, è un’emozione, come la rabbia, la gioia, la tristezza, la paura, ecc. Come tutte le emozioni, anch’essa è funzionale alla nostra vita, in quanto preannuncia uno stato di pericolo, e permette al nostro organismo di farvi fronte.
L’ansia spesso spaventa perché si manifesta con sintomi fisici anche intensi (tachicardia, senso di soffocamento, nausea, vomito, diarrea, tremori, vertigini, testa vuota, capogiri, sensazione di assenza, insonnia, alterazioni dell’appetito, ecc.). Se ci riflettiamo un attimo, tutte le emozioni, anche la gioia o la rabbia, si esprimono sul piano fisico, solo che di queste non ce ne preoccupiamo.
Ecco che quindi, nel mantenimento dell’ansia gioca un ruolo fondamentale il nostro pensiero, le nostre interpretazioni catastrofiche di questi sintomi (sto impazzendo, è un infarto, sto svenendo, farò una figuraccia, mi sta venendo un ictus, ecc) spesso spaventosi, e i comportamenti che mettiamo in atto per proteggerci o rassicurarci (assumere farmaci, non andare più in certi posti, non uscire da soli, non prendere il bus, ecc) informative post. Purtroppo, quanto più ci concentriamo sui sintomi o sui segnali del nostro corpo, tanto più essi si amplificano. Alla lunga, tutto questo rafforza la paura e l’ansia si cronicizza, crediamo di proteggere noi stessi ma in realtà rafforziamo l’ansia. Così facendo poi togliamo fiducia a noi stessi e alle nostre capacità autonome di reagire.
L’ansia è un’emozione che anticamente serviva ai nostri antenati preistorici a proteggerli dai pericoli; insomma, è come se oggi avessimo un sistema di allarme dentro di noi sempre attivo che può scattare. Alcune persone, in seguito a periodi di forte stress, per temperamento, per altri motivi legati ad esperienze di vita o di apprendimento, hanno un allarme molto sensibile, che scatta facilmente anche senza un motivo apparente (in realtà c’è sempre un motivo che scatena una crisi d’ansia o un attacco di panico anche se la persona non se ne rende conto).
Quindi, in effetti accade quanto segue: ci troviamo in una situazione o pensiamo qualcosa che ci appare come minaccioso, proviamo ansia, arrivano i sintomi fisici, li interpretiamo come qualcosa di preoccupante (invece sono perfettamente normali), li vediamo come un problema di salute serio, questo ci provoca ansia maggiore che ovviamente fa accrescere i sintomi fisici e così via. Il circolo vizioso si alimenta e spesso sfocia in un vero e proprio attacco di panico.
Purtroppo una volta che il corpo si è attivato necessita di qualche minuto per acquietarsi, quei minuti però possono diventare ore se continuiamo ad agitarci e a preoccuparci.
Il disturbo d’ansia può manifestarsi in un qualunque momento della vita, spesso in corrispondenza di periodi di transizione particolarmente critici o quando ci si trova di fronte a scelte difficili. Per contrastare il disturbo d’ansia è utile una psicoterapia, nel caso in cui ci fosse un elevato livello di gravità si può ricorrere anche ad una terapia farmacologica in associazione ai colloqui psicologici.